Le immagini che in questi giorni i media ci hanno proposto ,con insistenza, di un popolo terrorizzato in fuga, dell’assedio da parte della popolazione disperata agli aerei in attesa di decollare dall’aeroporto di Kabul, con persone che si accalcavano come insetti , hanno evocato i fantasmi del lontano aprile del 1975, quando il Sud Vietnam capitolava sotto l’incalzare delle truppe del Nord ; era ormai caduta l’ultima illusione che un accordo politico potesse lasciare in vita lo stato a sud del 17° parallelo, che il mondo sino a quella data aveva conosciuto come Repubblica del Vietnam e per la cui sussistenza gli Stati Uniti avevano profuso tanto impegno in vite umane e di dollari. Si disse, in quegli anni lontani, che l’ operazione di evacuazione , denominata Frequent Wind , attuata a mezzo di elicotteri ,in ultimo costretti a decollare dal tetto dell’ambasciata alla volta della portaerei, era avvenuta in ritardo ed in modo concitato perché il segretario di stato Kissinger aveva cercato, sino alla fine, un compromesso diplomatico con Hanoi e l’ambasciatore americano a Saigon, a sua volta, voleva mantenere , quanto più possibile le apparenze di un appoggio al governo alleato. I sud vietnamiti evacuati dal paese furono , secondo le stime ufficiali 22.294, circa la quarta parte degli effettivi collaboratori, a vario titolo, delle forze militari USA. Coloro che rimasero a terra .furono abbandonati al loro destino di morte e di persecuzione. In merito a quelle scene patetiche ed indimenticate, l’otto luglio, scorso, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ancora, in quella data, riponeva fiducia nell’esercito che i militari Nato avevano addestrato, secondo le più avanzate tecniche militari, aveva detto, rispondendo ad un giornalista in conferenza stampa :” non ci sono possibilità che vediate persone che vengano evacuate dal tetto dell’ambasciata statunitense in Afghanistan”. Purtroppo i fatti ben presto lo hanno smentito totalmente, con eventi che hanno sancito irrevocabilmente il totale fallimento della politica occidentale e delle sue strategie geopolitiche nella regione. Insuccesso ,in vero, già desumibile dalle dichiarazioni di voler chiudere la parentesi afgana ripetutamente pronunciate da Obama, Trump ed infine attuate da Biden. A questo punto all’intero Occidente restano, almeno per adesso, alcune inevitabili considerazioni da fare. La prima, che immediatamente occorre togliere dalle grinfie dei talebani tutti coloro che hanno collaborato con gli occidentasli o che abbiano soltanto dimostrato simpatie per le loro idee, perché vi avevano creduto. L’Italia dopo aver lasciato Herat, con l’operazione Aquila uno , ha portato in salvo appena 228 afghani, mentre altri 389 sono stati affidati ad Aquila due. Attualmente è in corso l’operazione Aquila Omnia, la cui denominazione lascia ben sperare .Si stima il numero delle persone che hanno collaborato con le nostre Forze in circa duemila, che certamente non possono essere lasciate nelle mani dei talebani, specie da un nazione , come la nostra, che da accoglienza a chiunque sbarchi sulle sue coste, senza alcuna effettiva identificazione. Quindi se l’operazione in corso non confermasse le aspettative comporterebbe una indelebile macchia che il prestigio del decoro dell’Italia non deve subire.
Occorre ricordare, malgrado le rassicuranti dichiarazioni dei nuovi detentori del potere che, ancor oggi, per i talebani può essere ragione sufficiente per essere giustiziati ben poco, anche semplicemente dissentire dal loro pensiero e che comunque a donne e bambine sarà negato ogni diritto e che tutti coloro che non vorranno allinearsi al loro stile di vita saranno ridotti a delle inconsistenti ombre e ad un silenzio senza fine, in quello che è stato appropriatamente definito il nuovo “medioevo talebano” . Ma questo era noto sin da principio e certamente non può legittimare alcun ripensamento tardivo, in quanto è stato precisato che non poteva attendersi il tempo troppo lungo di un cambio generazionale per lasciare il paese .
Guardando a questo sfortunato popolo, resta quasi incomprensibile come i suoi trecentomila soldati accuratamente addestrati e ben armati dagli occidentali , non siano stati in grado di opporre una resistenza , che sia degna di questo nome, a sessantamila, massimo settantamila talebani. Le ragioni vanno cercate nella mancanza di senso di appartenenza, di etica politica e militare e nella corruzione sempre strisciante anche negli ambienti dell’ esercito, che gli Americani non sono stati in grado di estirpare, così come non sono stati in grado di impedire le sconfinate coltivazioni di papaveri da oppio, che secondo dati del 2020, nelle sole province di Kandahar ed Helmand si estendevano per ben 224 mila ettari, con un ricavato annuo di 350 milioni di dollari.
Questi sono gli amari frutti della nuova politica degli Stati Uniti, che mostra uno scarso interesse per il Medio Oriente ed è coerente con analoghi comportamenti quali: il mancato appoggio ad alleati fidati e di lunga data, come il regime di Mubarak, in Egitto, durante le primavere arabe, il limitato intervento in Siria ed in Libia ed il mutato e più remissivo atteggiamento nei confronti del governo di Teheran. Questo spazio lasciato dalla abdicazione americana sta per essere colmato da Pechino , Mosca ed Ankara. Quest’ultima malgrado la collocazione nello scacchiere internazionale ha prontamente manifestato tutto l’entusiasmo possibile per la recente vittoria dei talebani. Ovviamente non è mancata la approvazione di tradizionali stati musulmani amici quali: Pakistan e Qatar, a cui si è unita pure Hamas. La Cina, già a fine luglio, ha ricevuto con tutti gli onori una delegazione dell’allora nascente emirato islamico talebano. Le ragioni di tanta vicinanza sono sotto gli occhi di tutti e vanno dallo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, che contiene minerali rari e preziosi di primaria importanza per l’industria, quali cobalto, litio , oro ed ingenti quantitativi di gas naturale. Perché sarà comunque un grande affare il passaggio del gasdotto TAPI , che trasporta il gas proveniente dal Turkmenistan . Del resto sin dall’antichità la via della seta cinese passava per il montagnoso e brullo Afghanistan . Ma il più importante e significativo motivo di riflessione per tutto l’Occidente deve riguardare la sicurezza. Infatti, come in vero è assai probabile che accada , se il nuovo stato talebano tornerà ad essere, come lo era negli anni novanta, il santuario del terrorismo per Al Qaeda e per altri gruppi Jihadisti, in quel caso i fantasmi del passato ricominceranno veramente a far paura (20 agosto 2021).